domenica 15 marzo 2009

LA FICTION DI RAI 1 «PANE E LIBERTA'» UNISCE LE ISTITUZIONI MA DIVIDE LA STAMPA


Politica e Passione hanno sempre un forte impatto emotivo. La vita del sindacalista Giuseppe Di Vittorio, interpretato da Pier Francesco Favino, con la colonna sonora di Ennio Moricone, va in onda su Rai Uno domenica 15 marzo alle 21.30 e lunedì 16 alle 21.10 dopo le proiezioni in anteprima al Quirinale ed alla Camera dei Deputati che hanno visto registrare i consensi di Napolitano e Fini. Nell'attesa del verdetto del pubblico, divisa, invece, la stampa.

(Mariangiola Castrovilli) - Pane e libertà, la fiction in due puntate che andrà in onda su Raiuno domenica 15 e lunedì 16 marzo in prime time, pur non essendo ancora stata vista dal pubblico, sta già facendo versare i classici fiumi d’inchiostro. E se non c’è ancora il giudizio del pubblico c’è stato prima fra tutti quello del presidente NapolItano a cui la fiction è piaciuta come è poi piaciuta al presidente Fini che martedì scorso l’ha fatta proiettare in anteprima alla Camera ospitando insieme al cast al completo anche Epifani, Angeletti e Bonanni.

Giornali però non tutti plaudenti, Gabriella Gallozzi dell’Unità per esempio ha distrutto il lavoro senza mezzi termini, dando segni d’insofferenza fin dall’anteprima per noi giornalisti, ridendo e parlando forte, disturbando così la proiezione tanto da far girare la testa a chi voleva giustamente il silenzio per poter comunque terminare la visione per poi giudicare con tranquillità.

Che la vita di un sindacalista, possa essere il massimo dell’appeal è un po’ duro da vendere, anche se si parla di Giuseppe Di Vittorio, padre dei sindacalisti italiani conosciuto in tutto il mondo. Pane e libertà ci prova a modo suo, o meglio, come dice Pietro Calderoni, che ha firmato soggetto e sceneggiatura insieme a Gualtiero Rosella ed al regista Alberto Negrin «Rendendo la vita di Di Vittorio ‘potabile’ per la tv. Politica e passione hanno sempre un forte impatto emotivo. D’altra parte che cos’è stata la vita di Di Vittorio se non un grande romanzo, dalla morte di suo padre ucciso dalla fatica sotto i suoi occhi, all’essere fin da piccolo bracciante picchiato e sfiancato dal lavoro, e poi le lotte contadine contro i latifondisti, due guerre mondiali, la Spagna, l’unità sindacale, il Pci…».

Interpretata da Pierfrancesco Favino, senz’altro più charming del vero Di Vittorio insieme a Giuseppe Zeno, Emilio Bonucci, Massimo Wertmuller, Raffaelle Rea, Ernesto Maieux e con la splendida musica di Ennio Morricone, il film racconta la storia di un uomo che ha combattuto in prima persona tutta la sua vita per difendere i suoi ideali ed i diritti di tutti, con un’idea nobile della politica.

Strada tutta in salita per un povero contadino analfabeta che fin da bambino ha capito però l’importanza delle parole e che queste parole cerca per una superba opera di comunicazione con i poveri diseredati come lui per il suo grande sogno di mettere insieme tutti i lavoratori d’Italia e del mondo, senza differenze politiche e religiose, per vedere riconosciuti i propri diritti.

Alberto Negrin, provocatoriamente lei dice che questo è un film western… «Non ho mai pensato di fare un film politico o ideologico, quello che mi interessa sono le anime, ed entrare con la telecamera nell’anima di un uomo è un valore così raro che attorno a questo nucleo centrale abbiamo costruito un western dove le contrapposizioni sono assolute, bene/male, buono/cattivo, giustizia/ingiustizia, uno schema valido per ogni tipo di storia».

Baldina, la figlia di Di Vittorio ha trovato questa fiction ineccepibile e superba l’interpretazione di Favino. «In passato molti hanno tentato di fare un film su mio padre» spiega la signora, «ma Pierfrancesco persino nei gesti è stato straordinario, come per esempio nel muoversi, nel ravviarsi i capelli… e lo stesso posso dire per il regista Alberto Negrin perché sono riusciti a catturare la vera storia del movimento operaio che i giovani di oggi non sanno nemmeno com’è nato».

Pierfrancesco Favino, ormai lanciatissimo soprattutto in America, dove pare che Hollywood abbia scoperto il suo talento prima di Cinecittà visto che è stato il capo delle forze del male nel Principe Caspian, comandante delle guardie svizzere in Angeli e demoni di Tom Hanks in uscita da noi in maggio, ed il sergente di El Alamein, per non parlare della mole del suo lavoro italiano dal Libanese, perverso boss della banda della Magliana in Romanzo Criminale di Michele Placido a Bartali nella fiction omonima, e adesso appunto nei panni molto umani della guida del sindacato comunista.

Favino, qual è stata la scena più toccante di questo lavoro? «Per me non c’è stata una solo scena», risponde l’attore, «ma una vita che è esemplare. Vedere una massa di lavoratori che si muove e lotta per conquistare i suoi diritti, mi ha commosso oltre ogni dire».

A spingerlo verso Pane e libertà, è stata, come lui stesso confessa, «la fondamentale passione per la mia terra di provenienza, la Puglia, e la possibilità di raccontare la grande onestà di una persona che credeva in un sogno. Di Vittorio andando a letto diceva ogni sera di aver fatto il proprio dovere. Un esempio per ciascuno di noi».

Riferimenti

Giulio Carra
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A cura di: Diffusione Comunicati Stampa

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